giovedì 10 settembre 2009

Non era un alpinista, ma un uomo di montagna. Un ricordo dell'amico Tino Girardi.

Il 1° aprile 1929 nasceva a Pecol d'Ampezzo Agostino Girardi de Jesuè, un uomo che ha fatto e lasciato molto alla cultura locale. Dal 1965, quando uscì il primo numero di “Due Soldi”, mensile della Cassa Rurale che diresse per quasi 8 anni e nel quale, grazie a vari collaboratori, confluirono cronache, curiosità, documenti, fatti e personaggi d’Ampezzo che rischiavano di essere facilmente dimenticati, fino a poco prima della scomparsa, avvenuta il 9 settembre 2000, Tino studiò la cultura, la lingua, la storia paesana con ingegno, passione e versatilità. Alla sua maniera, certamente disordinata e non sempre affidabile, conobbe e studiò Cortina con lucidità e profondità. Ne sono testimoni, oltre ad articoli e collaborazioni disperse in ogni dove, gli otto fascicoli di "Cemódo che se diš par anpezan" (1989-1994), nei quali raccolse e commentò centinaia di frasi idiomatiche, locuzioni, modi di dire ampezzani vecchi e nuovi, facendo uso di grande cultura e vivace memoria e condendo tutto con ironia ed un bello stile affinato negli anni. Oltre che parente, ebbi modo di essergli amico e collaboratore in qualche avventura editoriale, e lo seguii fino alla fine. Ricordo con piacere e nostalgia le chiacchierate con Tino, le sue conoscenze sugli argomenti più diversi; i consigli che dispensava; le critiche al mondo paesano, osservato con distacco e forse con delusione; l’entusiasmo per la ricerca, che ne avrebbe sicuramente fatto un intellettuale di rilievo, non solo per Cortina. Da lui, fra l’altro, ricevetti l’impulso a studiare i soprannomi di famiglia e a non strafare nell’uso e nella divulgazione dell’ampezzano scritto, che Tino riteneva una forzatura, data la secolare oralità del ladino. Non ho seguito tutti i suoi consigli, ma di tutti ho fatto tesoro. Oggi, a nove anni dalla sua morte, mi piacerebbe poter rivalutare quegli otto fascicoli scritti da Girardi con lentezza e meticolosità, rigorosamente a mano con la stilografica, e che l'autore volle pubblicare in anastatica, sotto forma di modesti quaderni dalla copertina color sabbia. Modesti forse ma ricchi, per l’inesauribile miniera di notizie che contengono e il quadro dell’ampezzanità d’un tempo che compongono con garbo e intelligenza. Prima che la memoria di Tino vada a disperdersi nel vorticoso meccanismo della nostra vita, lancio un’idea: gli si renda in qualche modo il dovuto merito di ricercatore. Penso che Tino possa sicuramente fare compagnia a Bruno Apollonio, Angelo Majoni, Illuminato de Zanna, Rodolfo Girardi, Rinaldo Zardini e a tutti coloro che hanno dato dignità alla cultura e alla parlata d’Ampezzo, studiandoli e valorizzandoli. Per non dimenticare.

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