Nel 2008, come in ogni anno di questo secolo e di quelli che verranno, potremmo celebrare numerosi anniversari della storia d'Ampezzo. Oltre al 125° dall’apertura sul Nuvolau del primo rifugio della valle, potremmo citare i 125 anni dalla prima disgrazia alpinistica sulle montagne di Cortina, occorsa alla guida Giuseppe Ghedina l’11 agosto, in concomitanza con l’inaugurazione del rifugio. Uno dei genetliaci, però, ha più importanza degli altri. Il 29 luglio, infatti, saranno cent’anni dalla morte di Paul Grohmann, viennese che dal 1862 al 1875 esplorò tutte le Dolomiti e, in compagnia di valligiani promossi a guide alpine, conquistò numerose importanti cime. In Ampezzo salì per primo tutte e tre le Tofane, il Cristallo e il Sorapis, e nei dintorni si aggiudicò la Cima Grande di Lavaredo, la Punta dei Tre Scarperi, la Croda dei Rondoi, il Monte Rudo, il Cristallino di Misurina e altre. L’anniversario merita di essere ricordato, e costituisce un’occasione storica, non solo per chi s’interessa di storia dell’alpinismo. Grohmann, infatti, fu l'indiscusso pioniere del turismo dolomitico. Le sue escursioni, le scalate e i suoi scritti contribuirono in maniera determinante a pubblicizzare le Dolomiti e Cortina in tutto il mondo, favorendo l'afflusso di migliaia di turisti. Nel 1963 l'Amministrazione Comunale aveva ricordato il centenario della prima salita della Tofana di Mezzo, compiuta da Grohmann il 29 agosto 1863 con il vecchio contadino Francesco Lacedelli. Fu pubblicato un opuscolo, e dedicata al pioniere una targa all'inizio della via cittadina fra Corso Italia e Via Cesare Battisti, che recita: "NEL I° CENTENARIO DELLA FONDAZIONE DEL CLUB ALPINO ITALIANO CORTINA RICORDA L’ALPINISTA PIONIERE DOTT. PAUL GROHMANN CHE PER PRIMO SALÌ CON CHECCO DA MELÈRES LA TOFANA DI MEZZO IL 29 AGOSTO 1863 INIZIANDO L’ERA DELL’ALPINISMO DOLOMITICO NELLA VALLE D’AMPEZZO". Sarebbe auspicabile che neppure quest’anno il viennese fosse dimenticato. Grohmann merita riconoscenza dai locali e dai forestieri, poiché quel lontano giorno d'agosto, con l'indomito “Checo”, - forse senza rendersene neppure conto – dischiuse il luminoso futuro della conca ampezzana.
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