E’ una bella giornata dei primi di luglio del 1901. Dopo alcune ricognizioni e la minuziosa preparazione del percorso, Antonio Dimai, trentacinquenne, e Agostino Verzi, di tre anni più giovane, affiatate guide alpine, sono pronti. Con il cliente J. L. Heath di Londra, scalano una parete che, oltre un secolo dopo, figurerà ancora a buon diritto fra le più amate delle Dolomiti: la parete sud della Punta Fiames, nota in Ampezzo soltanto come ra paré (de ra Fiames). Il comodo accesso, l’elevato valore dell’ascensione che – pur rientrando nemmeno all’epoca fra le più difficili – per quei tempi fu un traguardo di notevole interesse, e, non ultima, la possibilità di scrutare col binocolo le cordate da Cortina, innalzano di colpo la Fiames al primo posto fra le crode della valle ampezzana. Poco tempo dopo la prima salita, alcune guide di cui non ci sono giunti i nomi rettificano il tratto più difficile della Via Dimai (quarto grado superiore), con la nota “Variante”. Quest’ultima serpeggia per una settantina di metri di dislivello lungo una serie di camini di media difficoltà, e sarà utilizzata spesso per scendere all’attacco, restando sempre sul versante soleggiato della parete. Ci mancano purtroppo i dati sulla prima ripetizione e sulla prima senza guide della Via Dimai, della quale ben presto si perde il conto delle ascensioni. Il 3 gennaio 1913 Angelo Dibona e l’ungherese Anton von Csaky si aggiudicano una delle prime invernali documentate, mentre il 26 luglio 1945 la maestra Anna Caldart supera la parete da sola, compiendone forse la prima salita solitaria femminile. Venerdì 27 maggio 1976, chi scrive marina la scuola e, legato alla corda del coetaneo Ivo Zardini, supera timidamente ra paré de ra Fiames. Ci ritornerà quasi una ventina di volte, tre delle quali d’inverno, ed oggi ne mantiene ancora un ricordo incancellabile.
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